31 Gen LEGISLAZIONE E CERTEZZA DEL DIRITTO
di Sergio Rastrelli
Avvocato Penalista
In ogni tempo ed in ogni Comunità sociale, sinanche negli ordinamenti giuridici più risalenti, la “certezza del diritto” è sempre stata considerata come una caratteristica essenziale e “costitutiva” del diritto: un principio generale e vincolante, cioè, in base al quale le norme di diritto devono – sempre e comunque – ricevere garanzia di applicazione.
Quale logico corollario – ed ai fini della stessa sopravvivenza di una comunità di diritto -, la sociologia giuridica ha codificato anche la necessità della cd. “certezza della pena”: in termini di stretto diritto penale, cioè, la violazione di una norma di rilevo primario, dovrebbe sempre comportare una applicazione – certa e tempestiva – della sanzione stabilita per la sua violazione.
Ma allora non vi è alcun dubbio, in tal senso, che – tra le numerose storture del nostro ordinamento giuridico – vi sia, in primo luogo, quella della estrema alea della applicazione delle norme penali. Dati statistici alla mano, nel nostro Paese la domanda di giustizia penale è infatti divenuta sempre più sovrabbondante rispetto alle capacità di smaltimento del sistema processale: una situazione generale definita “vergognosa” anche dal Prefetto Manganelli, in una audizione innanzi alla commissione Affari costituzionali del Senato, in cui ha evidenziato come la certezza della pena «è quanto di più incerto esista: un vero indulto quotidiano», a significare «l’assoluta inutilità della risposta dello Stato e la vanificazione degli sforzi della magistratura e delle Forze di polizia».
Eppure nella sua versione originaria – quella del legislatore fascista -, il sistema italiano si configurava come rigido, ma lineare: basato sulla centralità della pena detentiva, con la previsione di livelli sanzionatori elevati, con una forte limitazione degli strumenti per evitare l’impatto con il carcere, ed una stretta contrazione degli stessi poteri discrezionali di applicazione per gli organi giudiziari.
Le continue attività di modifica, aggiornamento e novellazione – peraltro non sempre felici sotto il profilo tecnico – hanno però generato, nel tempo , un sistema ibrido, nel quale – a fronte di una inalterata impostazione di fondo dell’impianto codicistico – le garanzie procedurali e di Difesa si sono poste sempre più come sovraordinate rispetto alle esigenze di celerità del giudizio.
Allo stato, la maggiore alea che pervade il sistema penale è quella relativa alla concreta possibilità di definire i tre gradi di un giudizio entro i termini di prescrizione del reato.
E’ di tutta evidenza, pertanto, che un intervento drastico del Legislatore appaia improcrastinabile, nella auspicata ottica di una progressiva semplificazione dei meccanismi processuali, e nella insostituibile prospettiva di una riforma organica del “sistema giustizia”.